IL GENDER PAY GAP

Un’eco secolare, tra ombre di potere e vincoli religiosi

Secondo il Global Gender Gap Index 2024 quest’anno si è registrato un aumento della distanza che separa la società attuale dal raggiungimento di una reale e globale parità di genere. Infatti, saranno necessari 134 anni per colmare questo divario, un periodo che corrisponde approssimativamente a cinque generazioni.

Questo rallentamento nel progresso verso la parità di genere sottolinea l’urgente necessità di un maggiore coinvolgimento da parte di organizzazioni, istituzioni e individui, al fine di intraprendere azioni concrete che portino a un cambiamento significativo.
Questo cambiamento è fondamentale non solo per le donne, ma per l’intera società mondiale, con particolare attenzione alla situazione italiana.

Mondine al lavoro a Rosate (Milano)
giugno 1954

Il gender pay gap, o divario retributivo di genere, rappresenta una delle più persistenti ingiustizie sociali del nostro tempo. Si tratta della differenza media nella retribuzione oraria lorda tra uomini e donne, quasi sempre a svantaggio delle seconde. Un fenomeno multidimensionale, radicato nelle società di tutto il mondo, frutto di retaggi culturali antiquati che promuovono modelli basati sulla disparità di genere.

Nessun Paese, indipendentemente dal suo sviluppo economico o dalla regolamentazione del mercato del lavoro, ha ancora raggiunto la piena uguaglianza salariale. Questa disparità non solo incide sul benessere economico delle nazioni, ma ha anche un impatto negativo sulla produttività, l’innovazione e la crescita delle imprese.

La storia del divario salariale è un’eco secolare di disuguaglianza, plasmata da norme sociali e strutture di potere attraverso i secoli. Un’analisi approfondita non può prescindere dall’influsso delle religioni, che hanno spesso contribuito a definire i ruoli di genere e a legittimare la subordinazione femminile.

Nell’antichità, molte tradizioni religiose relegavano le donne a ruoli secondari, escludendole da posizioni di potere e limitando la loro partecipazione alla vita pubblica. Il Medioevo vide l’istituzionalizzazione di tali disuguaglianze attraverso dottrine e pratiche religiose che sancivano la superiorità maschile e la dipendenza femminile.

L’alba della Rivoluzione Industriale, pur aprendo le porte delle fabbriche, non portò l’uguaglianza. I salari femminili erano una frazione di quelli maschili, giustificati anche da interpretazioni religiose che vedevano la donna come meno capace e bisognosa. Il XX secolo, con le lotte per i diritti civili e il femminismo, portò cambiamenti, ma il divario persisteva, alimentato anche da resistenze religiose al cambiamento dei ruoli di genere.

Le cause di questa disuguaglianza sono un intreccio complesso: discriminazione diretta, segregazione occupazionale, limitazione delle opportunità di carriera, maternità e cura dei figli, stereotipi di genere, e influenze religiose che rafforzano tali stereotipi.
Le conseguenze sono gravi: povertà femminile, disuguaglianza economica, perdita del potenziale inespresso delle donne.

La strada verso la parità salariale richiede un impegno collettivo: legislazione, politiche aziendali, cambiamento culturale attraverso educazione e sensibilizzazione, e un dialogo aperto con le comunità religiose per reinterpretare le tradizioni in chiave di uguaglianza. Ma il divario salariale non è solo una questione economica; perpetua dinamiche di potere diseguali nelle relazioni. La

Vercelli 1 Giugno 1906
manifestazione mondariso per conquista 8 H. lavorative

dipendenza economica rende le donne vulnerabili all’abuso e al controllo, limitando la loro capacità di lasciare relazioni abusive.

In molte società, il denaro è potere, e gli uomini, come principali percettori di reddito, esercitano un maggiore controllo, spesso legittimato da interpretazioni religiose. Questo può portare a sminuire le donne, a non ascoltarle, o a costringerle a tollerare abusi per sicurezza economica.
La dipendenza economica intrappola le donne, impedendo loro di provvedere a sé stesse e ai figli.

Il divario rafforza gli stereotipi di genere, giustificando comportamenti controllanti e violenti, spesso supportati da interpretazioni religiose restrittive. Sebbene non tutti gli uomini abusino del potere economico, il divario crea un contesto in cui l’abuso è più probabile.

Per combattere questa dinamica, è cruciale eliminare il divario e promuovere l’indipendenza economica delle donne: pari opportunità di istruzione, formazione e lavoro, supporto finanziario per l’imprenditoria. È necessario sfidare gli stereotipi di genere, anche quelli di matrice religiosa, educando e sensibilizzando per creare una cultura di autonomia e rispetto.

È proprio dalle imprese che bisogna partire per fronteggiare il problema. L’intervento legislativo in materia, per quanto importante, non è sufficiente: è necessario che le aziende implementino politiche interne a favore della parità retributiva per creare ambienti di lavoro più equi e inclusivi.

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